In questo blog si parla di mio figlio, Alex, adolescente affetto da una grave forma di autismo. Non ci troverete però la sua storia passo passo bensì una serie di racconti, a volte esposti con sarcastica ironia, altre volte rigurgitati con rabbia sulla tastiera. Riflessioni, cronache in presa diretta, fragorose risate, eruzioni di disappunto e quant'altro, il tutto proposto in sequenza casuale e senza un vero filo conduttore, spaccati di quotidiana convivenza con l'autismo. Uno strano percorso il nostro, una scuola di amore e di valori, di perseveranza e di coraggio, dove di imparare non si smette mai...

giovedì 31 ottobre 2013

fanculo le castagne



Sono l'ultimo di 4 figli, ma anagraficamente molto distanziato dagli altri 3. Da bambino quindi ho vissuto pressochè da figlio unico, ma in modo atipico, fruendo solo a sprazzi della mia virtuale unicità, coinquilino di due genitori e tre mezzi genitori.

Non avevo fratelli coetanei con cui poter condividere certi interessi, ma al tempo stesso non c'era sempre quel livello di disponibilità genitoriale di cui si è soliti poter godere da veri figli unici.

Nè carne nè pesce.

Mia madre lavorava in casa, sarta, contemporaneamente aveva da gestire i figli e le normali faccende domestiche .... non facile, situazione logorante ... mio padre invece lavorava all'aeroporto di Malpensa, e faceva tantissime ore ... inevitabile direi, con 4 figli e un affitto da pagare...

Ripensando alla mia infanzia sarei un bugiardo a non ammettere di avvertire un senso di vuoto, una mancanza di un qualcosa .... una sensazione nitida... seppur difficilmente raffigurabile.

Ora sono un individuo maturo, maturo al punto giusto per poter affermare che anche in quel periodo i miei sono stati due genitori eccezionali, maturo al punto giusto per saper comprendere le loro scelte e i loro modi, ma da bambini non si è in grado di fare ragionamenti così "evoluti", si è più istintivi, più primordiali, e ci si focalizza maggiormente sui mezzi che non sui fini che li abbiano richiamati.

Avrei voluto un padre più presente, un padre che giocasse di più con me, che venisse a vedermi nuotare in piscina o alla partita di hockey, che mi abbracciasse più spesso e più forte, che mi facesse domande, che si interessasse maggiormente della mia vita, un padre più aperto e più disponibile. Credo sia questo un desiderio che accomuni tutti i bambini, normalissimo quindi, e fortemente sentito soprattutto tra i 3 e i 12 anni.

Mio padre però come già detto lavorava tantissimo, faceva quello che un buon padre di famiglia nelle sue condizioni doveva fare, e tanto di cappello, però purtroppo i tempi di potenziale condivisione erano ridotti all'osso. Inoltre c'è un altro aspetto da non sottovalutare ... il carattere di mio padre, un uomo chiuso, di poche parole, poco propenso alla condivisione ed alla socializzazione. Confido che solo recentemente, che ha quasi 87 anni ed è debole e indifeso, son riuscito a dargli dei baci sulle guance e ad abbracciarlo .... prima è sempre stato impossibile.

Ma questa sua corazza aveva una breccia, un passaggio che si mostrava una volta all'anno e attraverso il quale riuscivo ad appagarmi ricaricandomi di lui. Sto parlando del periodo delle castagne. Fine Ottobre, inizio di Novembre. In quel periodo mio padre mi portava sempre con lui tre o quattro domeniche ... ed era uno spasso. Tirava fuori la 127, mi faceva sedere davanti, e ce ne andavamo a Mezzana, o sopra Vergiate, con le tasche piene di sacchetti.
Per me, bambino iperattivo, era una figata pazzesca. A volte c'era anche mia madre, ma spesso eravamo solo io e papà, e quelli sono i ricordi più belli che ho di lui.

Lasciavamo l'auto ai margini del bosco e poi si partiva a piedi, camminando per ore, in una natura che progressivamente si faceva sempre più fitta e incontaminata. Papà mi imparava i sentieri che portavano ai migliori castagni, mi imparava a distinguere al primo sguardo le castagne buone da quelle "matte", mi imparava a riconoscere i funghi, mi imparava a crearmi un efficace bastone da un ramo facendogli la punta col coltello, mi insegnava a tenere in mano i rospi senza fargli del male, mi insegnava ad amare e a rispettare la natura, ma soprattutto mi dedicava il suo tempo, in una condivisione totale che è quanto di più appagante possa desiderare un figlio dal proprio padre.
Vivevo tutto l'anno nell'attesa dell'autunno, sempre, e Dio solo sa quanto mi mancano quelle passeggiate nei boschi con mio padre...

Quando molti anni dopo stavo per divenire a mia volta genitore mi chiesero, ovviamente, se avessi preferito un maschio o una femmina. Io rispondevo sempre che per me era indifferente, e che l'importante era che fosse sano, ma era una mezza verità.
Il ricordo di quelle escursioni con mio padre era troppo forte, indelebile, e morivo dalla voglia di poter fare altrettanto un domani con mio figlio, per cui in cuor mio avrei preferito nascesse un maschio, appena raggiuntà l'età adatta avrei iniziato a portarlo con me in mezzo alla natura, ripercorrendo quegli stessi sentieri, raggiungendo quegli stessi castagni i cui frutti avevo per anni raccolto assieme a mio padre. Avrei trasferito a lui gli insegnamenti di mio padre, come una catena, una tradizione, da tramandare di generazione in generazione.

Ma l'autismo ha rovinato tutti i miei piani, mio figlio non c'è mai venuto con me a raccogliere le castagne, non glie ne frega niente, e il bosco lo angoscia. Dopo innumerevoli tentativi ormai c'ho messo una pietra sopra, la catena si è spezzata e da diversi anni non vado a prendere le castagne, non mi interessano più...

...che vadano a fanculo anche loro...







martedì 8 ottobre 2013

L'Albero


Ore 8:00, Alex è già sveglio, ma non è tranquillo.

Parte l'eterna lotta .... mangio in continuazione o esco di casa in continuazione? Il frigo dura fino alle 9 e 30, poi occorre per forza portarlo fuori. Una lunga passeggiata, io e lui da soli, ma non basta. Si esce in auto, io al volante, lui e Katia dietro. Gallarate, Besnate, Arsago .... sembra tranquillo, taciturno ma tranquillo, tiene una mano stretta contro la bocca e guarda fuori dal finestrino. Tutt'un tratto esclama con forza "albero!", credo di aver capito male, in quanto non vedo perchè avrebbe dovuto dire improvvisamente quella parola, mai detta prima, chiedo di ripetere ma lui non ripete. Katia lo guarda in viso, è cambiato, pallido, occhiaie, sguardo angosciato. Poco dopo si gira, fissa sua madre negli occhi e nuovamente ripete la parola "albero", due volte, in evidente stato di inquietudine. Decidiamo di non indagare oltre e lo lasciamo nel suo brodo in quanto sembra sul punto di perdere il controllo, pochi secondi e fortunatamente si resetta riprendendo a fissare fuori dal finestrino, sereno e taciturno.

Appena entriamo in casa si riparte per una passeggiata, io e lui, l'alternativa è vederlo mangiare e defecare all'infinito. Alle 12 rincasiamo, ma dopo un rapidissimo frenetico pranzo Alex chiede nuovamente di uscire, vuole ancora passeggiare. So che gli si stanno formando delle fiacche ai piedi, cerco quindi di proporgli in alternativa un nuovo giro in auto, io e lui da soli, almeno mia moglie avrà giusto il tempo di lavare i piatti e portare i cani a pisciare prima di farla nuovamente aggregare alla nostra fluttuante combriccola. Alex però insiste, "a piedi co papà", io pure insisto ed alla fine la spunto, accetta il giretto "in macchina co papà".

Scendiamo in cortile, la Yaris è al solito posto, pronta e con le portiere già sbloccate, Alex è contentissimo e come sempre si piazza dietro a destra, gli allaccio la cintura, mi metto alla guida ... "andiamo giù al fiume, ok? E facciamo qualche foto, ok?" .... accendo, ingrano la prima .... "albero!" ... di nuovo? Fermo l'auto, mi giro, ha una brutta espressione, totalmente un'altra persona nel giro di un secondo, non ci do peso, riparto. Imbocco la Via Garibaldi ed Alex nuovamente dice "albero", poi più nulla, metto Radio 8 FM col volume un po' altino e via, si va al fiume.

Per tutto il tragitto Alex tace, arriviamo al fiume e lo costeggiamo lungo la Via Alzaia del Ticino, da Golasecca verso Coarezza, trotterellando sui 30 all'ora. Ha smesso di piovere, il computer della Yaris dice che all'esterno ci sono 18 °C, allora provo, come sempre ci provo...

"Alex, scendiamo a fare due passi?"
"No, casa"
"Dai, due passi, facciamo qualche foto"
"Casa"

Due passi al fiume glie li concederei volentieri, giusto due passi per far qualcosa di diverso, ma non c'è niente da fare, proseguiamo. Prossimi al termine dell'Alzaia, ormai quasi in zona Ticinella, ci riprovo...

"Dai, qualche foto..."
"Casa"
"Allora dai, scendo io un minuto e faccio due foto, ok? Tu che fai aspetti in macchina?"
"Stai in macchina"
"Allora mi fermo un attimo?"
"Si"

Accosto e scendo. Con questo stratagemma della foto a volte ho avuto successo inducendolo a seguirmi, ma sta volta la magia non avviene, ho giusto il tempo di fare una sola foto, al volo, senza nemmeno staccarmi di un metro dalla fiancata della macchina, e rieccolo a chiedere "casa".  Spengo la fotocamera e riposiziono il copriobiettivo, il tempo è scaduto. In quell'esatto momento sento un rumore più avanti, un rumore strano, si avverte lo schiocco di un legno che si spezza, rumore di foglie, di rami .... tutto in un secondo, poi stop. Boh ... non si scorge nulla, la strada 50 metri dopo curva, quindi non se ne vede il prosieguo. Risalgo in auto, chiudo la portiera e in quell'attimo mi sfila una Volkswagen Polo grigia guidata da una donna. Rimetto la fotocamera nella custodia e riparto. Imbocco la curva e mi vedo la Polo grigia che sta tornando indietro, mi lampeggia, rallenta, sembra che la signora voglia dirmi qualcosa ... ci fermiamo affiancati, tiro giù il finestrino ...

"Dovete tornare indietro, non si può passare"
"Perchè, che è successo?"
"La strada è bloccata, è venuto giù tutto, c'è una pianta sulla strada, dovete tornare indietro", poi riparte.

Timidamente procedo, termino la curva aspettandomi per abitudine di focalizzare l'ultimo tratto dell'Alzaia, ed invece eccolo .... l'ALBERO, bello grosso, coricato trasversalmente, diametro sui 40 cm, la carreggiata è totalmente ostruita, da lato a lato, la Signora aveva ragione. Mi fermo e avverto immediatamente i Vigili del Fuoco di Somma.

Rifletto ... se Alex non avesse acconsentito a farmi fare la foto probabilmente ora sotto a quell'albero ci saremmo noi, probabilmente...

Faccio inversione aspettandomi una randellata sulla tempia, invece Alex resta impassibile, non mostra stupore dinanzi a quel cambio di programma, probabilmente sapeva già tutto da tempo, probabilmente...

Andiamo, mamma ci aspetta per un altro giro...



Ah già ... la foto ... se lo merita, probabilmente...